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Basilica di San Nicola


Nel marzo del 1087, sessantadue marinai baresi accompagnati da alcuni sacerdoti riescono a trafugare dal santuario di Mira le reliquie di San Nicola, con il pretesto di metterle al sicuro dagli infedeli. L’otto maggio successivo vi fu il trionfale ingresso delle navi nel porto pugliese. Fu così che la città, importante nodo viario e punto d’imbarco per i pellegrini diretti da Roma a Gerusalemme, divenne essa stessa importante meta di pellegrinaggio. Venne iniziata, in brevissimo tempo, la costruzione del santuario in cui deporre le ossa del santo, momentaneamente affidate ad Elia, abate del monastero di San Benedetto. Luogo scelto per l’edificazione della chiesa fu la Curte Domnica, complesso di edifici religiosi e amministrativi sede del governatorato bizantino. Nel 1089 Urbano II giunse a Bari per consacrare la cripta e deporvi solennemente le reliquie. In quella stessa occasione Elia, promotore e attore principale dell’impresa, venne consacrato nuovo arcivescovo di Bari.
I lavori andarono avanti celermente, infatti neanche dieci anni dopo, nella stessa cripta ebbe luogo un grande concilio ecumenico, alla presenza di centottanta vescovi, tra i quali Anselmo di Canterbury.
Nel 1105 i documenti attestano il completamento della costruzione.
Alla morte di Elia i lavori erano proseguiti sotto la direzione del suo successore Eustasio, anch’egli benedettino, già abate del monastero di Ognissanti di Cuti. La costruzione doveva essere giunta ad una fase tanto avanzata che egli poté dedicarsi alla realizzazione degli arredi interni, come attesta l’iscrizione sui gradini dell’altare maggiore.
La chiesa, voluta dall’abate Elia, si presentava con un modello assolutamente originale: si trattava della prima chiesa pugliese con matronei, torri postiche e absidi incluse. Una vera e propria innovazione che di lì a poco costituirà il riferimento obbligato per la maggior parte degli edifici sacri pugliesi. Nella struttura a tre navate con colonnato interrotto dalla presenza di pilastri, transetto libero, cripta ad oratorio triabsidata, fiancate serrate da arconi ciechi che annullano l’aggetto del transetto, confluiscono vari elementi, dalle novità strutturali sperimentate nel nord Italia, alle istanze della cultura campano-cassinese e della più genuina tradizione locale di matrice classica e bizantina.
Nel periodo in cui alla guida della chiesa fu Eustasio (1106-1123), si mise mano alla realizzazione dei portali di facciata, o almeno all’incorniciatura delle porte, vennero scolpiti gli elementi destinati a decorare il finestrone absidale e fu messo in opera il pavimento a mosaico del presbiterio, sostenuto da gradini decorati con la tecnica ad incrostazione.
Questa fase fu interrotta da una serie di eventi calamitosi che si abbatterono sulla regione, culminati nel 1156 nella distruzione della città da parte di Guglielmo il Malo.
Il cantiere riaprì probabilmente alla fine degli anni ’30. Lo smalto raffigurante Ruggero II incoronato da san Nicola, un tempo al centro del trave frontale del ciborio, suggella il patto fatto dalla chiesa barese con il sovrano normanno, di cui si riconosceva la legittimità al trono. Grazie a questa lungimirante presa di posizione politica, che permise alla basilica di passare pressoché indenne attraverso i tragici eventi del 1156, i lavori poterono riprendere a partire dai piani alti dell’edificio.
In questa fase vennero realizzate le gallerie esafore sulle fiancate dell’edificio, i ballatoi su mensole che permisero il collegamento tra i matronei ed il passaggio tra questi e le torri absidali, attraverso le gallerie esterne e le testate del transetto. Anima di questa fase fu un maestro di origine pugliese, ritornato in patria dopo esperienze maturate probabilmente nel nord Italia, tra l’Emilia e la Padania conosciuto col nome di Maestro della cattedra di Elia per lo splendido trono da lui realizzato, identificato come seggio dell’arcivescovo Elia, che costituisce uno dei più alti raggiungimenti dell’arte pugliese medievale. Nel 1197, alla presenza di Corrado di Hildesheim, inviato dell’imperatore svevo Enrico VI, accompagnato da uno straordinario stuolo di vescovi, prelati e principi, avvenne la solenne consacrazione, ricordata da una lapide inserita nella facciata.
Conclusasi così la prima fase, le vicende successive sono quelle comuni al destino di tante fabbriche religiose della regione. A partire dalla fine del XIII secolo furono chiuse all’esterno ed aperte all’interno le arcate cieche dei fianchi laterali, per accogliere cappelle gentilizie, ripristinate nel loro aspetto originario nel corso dei restauri dello scorso secolo. In seguito al terremoto del 1456 vennero, poi, costruiti tre grossi arconi trasversali di rinforzo. Un ulteriore intervento, che modificò l’aspetto della conca absidale, fu l’inserimento del monumento funebre a Bona Sforza, regina di Polonia e duchessa di Bari, commissionato dalla figlia Anna Jagellona.
In seguito l’edificio assunse l’aspetto di una chiesa barocca, della quale rimane oggi solo il suntuoso soffitto in legno dorato e intagliato con le tele del pittore Carlo Rosa.

(Luisa Derosa, La Basilica di San Nicola)